QUANDO PADRE BRUNO SECONDIN PREGAVA CON FRANCESCO

Un'intervista con padre Bruno Secondin, pubblicata su Credere l'8 marzo 2015, poco dopo aver guidato gli esercizi spirituali alla Curia romana e papa Francesco in preparazione alla Pasqua: «Siamo partiti da Elia, profeta di frontiera e delle periferie esistenziali, caro a Francesco»

Vittoria Prisciandaro

Intervista pubblicata in origine su Credere 10 dell'8 marzo 2015

«Al termine degli esercizi spirituali, caro fratello…»: inizia così la lettera di ringraziamenti che papa Francesco ha consegnato a padre Bruno Secondin iI 27 febbraio 2015 insieme a un lungo e caloroso abbraccio. È la conclusione di una settimana «vissuta in un clima di grande silenzio e serietà», dice il padre carmelitano che ha guidato gli esercizi spirituali della Curia romana ad Ariccia, presso il centro paolino Casa del Divin Maestro.

«Avevo davanti tanti “pezzi grossi”, ma il clima è stato fraterno, mi hanno aiutato molto», confida il predicatore, «il Papa da buon gesuita ha trascorso il suo tempo tra la cappella, la camera e il refettorio». Nessuna passeggiata, nessuna chiacchiera nei corridoi.

Nella residenza dei Paolini. con discrezione. oltre ai prelati si muoveva la gendarmer(a vat(cana. mentre le guardie svizzere si alternavano nel corridoio dove c’era la camera di Francesco. «Pranzi e cena sobri, ma vari e gustosi», aggiunge padre Secondin. «E una volta non è mancata la porchetta», fra le specialità gastronomiche di Ariccia. Francesco, come scrive nella lettera e come gli ha detto in un colloquio personale, ha molto apprezzato il metodo della lectio divina usata dal predicatore, «la scelta di Elia, profeta di frontiera e delle periferie geografiche ed esistenziali», e in particolare la proposta di alcune domande, anche molte dirette e «spregiudicate» alla fine di ogni meditazione, per permettere a ciascuno di fare un cammino personale.

Padre Secondin guarda con gratitudine all’esperienza appena conclusa. Per capire perché il Papa ha chiesto proprio a lui di predicare alla Curia romana. vi raccontiamo chi è padre Bruno; Veneziano, docente di teologia spirituale e storia della spiritualità moderna, il carmelitano fa parte della comunità della Traspontina, la parrocchia che si affaccia su via della Conciliazione, a poche decine di metri da San Pietro. Conosciuta dai pellegrini come chiesa di “appoggio” rispetto alla Basilica – qui si partecipa alla Messa se si “buca” San Pietro, qui si fa tappa in preghiera davanti alla Madonna del Carmine prima di arrivare o ripartendo dal colonnato, qui si rimedia una confessione in extremis – la Traspontina è nota ai romani per la lectio divina “popolare” che, da una ventina di anni, padre Secondin organizza per “leggere-pregare-vivere” la parola di Dio. Da qui, negli anni, sono passati i cardinali Ratzinger, Ravasi, Carlo Maria Martini, il priore di Bose Enzo Bianchi, e altri maestri che hanno proposto il loro stile di approccio alla lettura orante della Parola.

E qui. da quando è iniziato il pontificato di Francesco. sempre più persone si recano per confessarsi: «Abbiano verificato che molti si avvicinano dicendo di aver sentito quella parola di Francesco che li ha toccati», dice padre Bruno. La parrocchia, che conta circa «1200 campanelli da suonare per le benedizioni», ha una popolazione particolarissima, quella che abita tra piazza del Risorgimento, Castel sant’Angelo e il Tevere. A tutti arriva puntualmente la proposta della lectio divina. In cosa consiste? «È l’antica pratica monastica che è stata rielaborata a partire dalla centralità che il Vaticano II ha assegnato alla parola di Dio nella vita del cristiano. Oggi ci rendiamo conto che il popolo di Dio deve avere questa ricchezza di percorsi di iniziazione e di convivenza con la Parola».

Nei giorni scorsi la scuola della lectio si è spostata sui Castelli romani. E padre Bruno ha avuto come platea poco meno di un centinaio tra cardinali e vescovi della Curia romana. Zucchetti rossi, viola e uno bianco. Tutto era cominciato con la “classica” telefonata. «A inizi di dicembre papa Francesco mi chiama e con molta semplicità dice che deve chiedermi un grande favore». La reazione? «Ho chiesto di poterci pensare qualche giorno per un discernimento sereno». Accordato.

A parte l’emozione, la cosa che spaventava di più padre Secondin era la portata dell’impegno da un punto di vista spirituale. «Mi sono chiesto se potevo essere utile alla Chiesa, se ero capace, in “sintonia” con lo Spirito, di donare un input, di accendere una fiammella». Dopo qualche giorno comunica la disponibilità al segretario personale di papa Bergoglio.

Quindi decide su cosa impostare le due meditazioni giornaliere. La scelta cade sulla figura di Elia. «È un personaggio che mi piace, è il profeta in cammino. E poi sono convinto che oggi una delle fatiche nel governo centrale della Chiesa sia la riduzione all’aspetto amministrativo, organizzativo, o giudiziale. Perché non ricordare che anche i vescovi, e il Papa, il governo della Chiesa, sono sotto l’impulso dello Spirito e come tutti i credenti hanno il dono della profezia, cioè la capacità di esplorare nuovi cammini con creatività?».

Elia è il grande rappresentante del profetismo, ha viaggiato tanto e si è esposto per difendere l’Alleanza. «Non parla di frontiere restandosene al chiuso, ma va da est a ovest, dal nord al profondo sud, fino al Sinai. E alla !ne sparisce, oltre il Giordano. L’evangelista Marco sul Tabor mette Elia prima di Mosè», dice il carmelitano, richiamando il Vangelo letto domenica 1 marzo, subito dopo la conclusione degli esercizi. Il percorso spirituale è infatti stato pensato come un cammino organico, tra le letture del giorno, i salmi dell’ufficio e le meditazioni sulle grandi tappe del cammino nella vita del profeta, lette in chiave «pastorale e sapienziale».

 

Gli esercizi si sono svolti in totale silenzio. E durante i pasti si è letto un testo inconsueto, che ha tenuta ben desta l’attenzione dei presenti. Si tratta del commento di sant’Ambrogio sulla vigna di Nabot, il De Nabuthe. «È un commento di una forza più che moderna, che parla dell’uccisione di un povero contadino perché il re aveva bisogno della sua vigna per farci un orto. Una vicenda di prepotenza con toni mafiosi. Si parla di un’ingiustizia istituzionalizzata, di un tentativo di manipolare la religione», dice il religioso. Il suo ruolo di predicatore, spiega, è quello di «un fratello che apre luce sulla Parola perché i presenti si giochino nell’ascolto e si sentano chiamati a verità».

I temi delle meditazioni suggeriscono il taglio che è stato dato agli esercizi: il primo giorno è stato dedicato ai “Cammini di autenticità”: «La meditazione è stata impostata sul lasciarsi chiamare da Dio alla verità, l’uscire dalle ambiguità, per affrontare la realtà a viso aperto; poi il secondo giorno abbiamo meditato sui “Sentieri di libertà”, cioè l’allontanarsi dagli idoli vani per fare esperienza di Dio autentica, passando dall’angoscia depressiva all’incontro sul monte Oreb; infine c’è stato il “Lasciarsi sorprendere da Dio”, che parla nel “silenzio lieve” (teofania sull’Oreb) e dell’incontro con la morte in casa del povero. La vedova che ha perso il figlio rovescia la profezia di Elia: il profeta, di fronte alla morte del ragazzino, diventa il rappresentante del Dio della compassione, non del Dio potente che fa miracoli. Il quarto giorno è stato centrato su “Giustizia e intercessione” e l’ultima mattina, dal titolo “Raccogliere il manto di Elia”, è stata un invito a diventare profeti di fraternità. La prospettiva con cui li ho lasciatt», dice Secondin, «è che non basta aver curato il tempietto interiore, occorre impegnarsi in cammini di fraternità».

Cammini che passano anche attraverso l’attuazione della rivoluzione che papa Francesco sta portando avanti nella struttura della stessa Curia. Cosa pensa di questi cambiamenti padre Secondin? «Francesco mi ha colpito dal primo momento per lo stile, il linguaggio, l’attitudine con cui tratta con la gente e la modalità con cui sente il suo ruolo. Abita bene la sua persona di Papa, è felice di servire. Sono interessato a veder gli sviluppi: conoscendo l’America latina non mi meraviglio della freschezza e dell’umanità che esprime, perché è quella dei parroci e dei vescovi latinoamericani. Quanto al governo della Chiesa, alle attese di una gestione più evangelica, considero la complessità della situazione: sono strutture consolidate da secoli, è molto complicato modificare anche solo una piccola parte, perché tutto si tiene. È un’impresa complessa che esige strategie a lungo termine. E non sarà sufficiente un solo pontificato. Inoltre bisognerà dare una forma strutturata alle novità, che spesso esprimono anche una sostanza. Penso, per esempio, alla scelta di abitare a Santa Marta: se si riuscisse, nel giro di un certo tempo, a inglobare l’appartamento pontificio per esempio nei musei vaticani, la transizione diventerebbe irreversibile, strutturale». Fonte: http://www.famigliacristiana.it

Bruno Secondin, O. Carm. Professore Emerito, PUG Convegno sulla Vita Consacrata 2015 - Claretianum.

Teólogo carmelita, padre Secondin pregou os Exercícios Espirituais para o Papa e a Cúria em 2015. Durante três anos, foi o responsável pelo comentário sobre o Evangelho Dominical para a Rádio Vaticano.

No vídeo, Frei Bruno Secondin, O. Carm, fala sobre a Lectio Divina no Retiro da Província Carmelitana de Santo Elias. (Julho-2017)

 

Sergio Centofanti - Cidade do Vaticano

Após uma longa convalescência, faleceu aos 78 anos nesta sexta-feira, 7, pouco depois da meia-noite, o sacerdote carmelita Bruno Secondi. Ordenado sacerdote aos 25 anos de idade, dedicou a sua vida a transmitir a Palavra de Deus por meio dos encontros da Lectio divina: simples e ao mesmo tempo profundo, conseguia chegar a todos, deixando sempre no coração o desejo de mudança no amor a Deus e aos outros.

Foi professor de espiritualidade moderna e fundamentos da vida espiritual na Pontifícia Universidade Gregoriana. Ele vivia na Igreja de Santa Maria em Traspontina, na Via della Conciliazione, em Roma, a poucos passos do Vaticano. Escreveu cerca de trinta livros, sobre vários temas da espiritualidade.

 

Os Exercícios Espirituais em Ariccia

 Em 2014, o Papa Francisco o havia nomeado como consultor da Congregação para os Institutos de Vida Consagrada e em 2015 ele o chamou para conduzir os Exercícios Espirituais para a Cúria Romana no período da Quaresma, em Ariccia.

O padre Secondin havia escolhido o tema "Servidores e profetas do Deus vivo", uma leitura pastoral do profeta Elias. Estes são os títulos de algumas das  meditações: "Sair do próprio ‘vilarejo’", "Caminhos de autenticidade" (as raízes da fé e a coragem de dizer não à ambiguidade), "Caminhos da liberdade" (dos ídolos vãos à verdadeira piedade) , "Deixar-se surpreender por Deus" (o encontro com um Deus que está em outro lugar e o reconhecimento do pobre que nos evangeliza), "Justiça e intercessão" (testemunhas de justiça e solidariedade), "Recolher o manto de Elias" (para se tornar profetas de fraternidade).

No final dos Exercícios, em 27 de fevereiro de 2015, o Papa agradeceu a ele com estas palavras: "Em nome de todos, também do meu, quero agradecer ao Padre, seu trabalho entre nós para os nossos Exercícios. Não é fácil dar Exercícios a sacerdotes! Somos todos um pouco complicados, mas você conseguiu semear. Que o Senhor faça crescer estas sementes que você nos deu. E também faço votos, e desejo a todos, que possamos sair daqui com um pedaço do manto de Elias, em mãos e no coração. Obrigado, Padre!”

 

Amor pela Lectio divina

Na Igreja Santa Maria in Traspontina, seus encontros da Lectio Divina eram muito frequentados. "A Lectio divina - disse ele em entrevista à Rádio Vaticano - pode ser definida simplesmente como uma leitura reflexiva e uma escuta orante - sozinhos ou em grupo, em comunidade - de uma passagem da Escritura, da Bíblia, que porém é acolhida como palavra que Deus pronuncia para nós e que sob o influxo do Espírito Santo nos leva a compreender o coração de Deus a nosso respeito, a nossa situação diante d’Ele. Por isso precisamos de meditação e silêncio, oração e arrependimento. E então floresce também em atitudes de esperança, de compromisso, de solidariedade e de diálogo".

Ele enfatizava a importância da Palavra de Deus entrar na vida concreta de cada dia: "É um dos pontos sobre os quais prestamos muita atenção: que a Palavra seja respeitada em toda a sua riqueza. Portanto, um primeiro passo é de respeito e de aprofundamento pela Palavra como tal, porque sua riqueza está às vezes escondida atrás de uma palavra, uma expressão, uma frase".

"Segunda coisa: que esta luz dentro da Palavra seja derramada sobre o viver, sobre os problemas, sobre os nós, também nos dolorosos túneis da nossa vida, e os ilumine de dentro, desbloqueando-os de certas dificuldades de compreensão e de aceitação, para chegar a colocar juntos, em síntese, a luz que Deus nos oferece, a fadiga de nosso compreender e viver a vida e juntos fazer um caminho de confiança e de reinterpretação. É por isso que a Lectioserve muito como orientação sapiencial para a vida, como suporte de percursos que devemos dentro da vida saber desfraldar e iniciar”. Fonte: www.vaticannews.va

Nascida judia, crescida ateia, convertida a Cristo, consagrada a Deus como freira e martirizada em Auschwitz pelos nazistas, ela lutou pela luz do Espírito

A filósofa Edith Stein nasceu em uma família judia, mas chegou à juventude declarando-se ateia. Quando finalmente encontrou em Deus a Verdade que tanto buscava, graças à leitura da obra de Santa Teresa de Jesus, sua conversão foi tão intensa que ela entrou na exigente ordem religiosa carmelita e adotou o nome de Teresa Benedita da Cruz. Consagrada a Deus radicalmente, perseverou até o martírio, mantendo a fé, a esperança e o amor inclusive no campo de concentração de Auschwitz-Birkenau, onde foi executada durante a Segunda Guerra Mundial.

Canonizada por São João Paulo II, é dela o seguinte e precioso hino ao Espírito Santo:

I – Quem és tu, Doce luz que me preenche e ilumina a obscuridade do meu coração? Conduzes-me como a mão de uma mãe E se me soltasses, não saberia nem dar mais um passo. És o espaço que envolve todo meu ser e o encerra em si. Se Fosse abandonado por ti cairia no abismo do nada, de onde tu o elevas ao Ser. Tu, mais próximo de mim que eu mesmo e mais íntimo que minha intimidade, E, sem dúvida, permaneces inalcançável e incompreensível, E que faz brotar todo nome: Espírito Santo — Amor eterno!

II – Não és Tu o doce maná que do coração do Filho flui para o meu, alimento dos anjos e dos bem aventurados? Aquele que da morte à vida se elevou, Também a mim despertou a uma nova vida Do sono da morte. E nova vida me doa Dia após dia. E um dia me cumulará de plenitude. Vida de minha Vida. Sim, Tu mesmo, Espírito Santo, – Vida Eterna!

III – Tu és o raio que cai do Trono do Juiz eterno e irrompe na noite da alma, que nunca se conheceu a si mesma? Misericordioso e impassível penetras nas profundezas escondidas. Se ela se assusta ao ver-se a si mesma, Concedes lugar ao santo temor, princípio de toda sabedoria que vem do alto, e no alto com firmeza nos unes à tua obra, que nos faz novos, Espírito Santo — Raio penetrante!

IV – Tu és a plenitude do Espírito e da força com a qual o Cordeiro rompe o selo do segredo eterno de Deus? Impulsionados por ti os mensageiros do Juiz cavalgam pelo mundo e com espada afiada separam o reino da luz do reino da noite. Então surgirá um novo céu E uma nova terra, e tudo retorna ao seu justo lugar graças a teu alento: Espírito Santo — Força triunfante!

V – Tu és o mestre construtor da catedral eterna que se eleva da terra aos céus? Por ti vivificadas as colunas se elevam Para o alto e permanecem imóveis e firmes. Marcadas com o nome eterno de Deus se elevam para a luz sustentando a cúpula, que cobre, qual coroa, a santa catedral, tua obra transformadora do mundo, Espírito Santo — Mão criadora!

VI – Tu és quem criou o claro espelho, Próximo ao trono do Altíssimo, como um mar de cristal aonde a divindade se contempla amando? Tu te inclinas sobre a obra mais bela da criação, e resplandecente te ilumina com teu mesmo esplendor. E a pura beleza de todos os seres, Unida à amorosa figura da Virgem, tua esposa sem mancha: Espírito Santo — Criador do Universo!

VII – Tu és o doce canto do amor e do santo recato, que eternamente ressoa diante do trono da Trindade, e desposa consigo os sons puros de todos os seres? A harmonia que une os membros com a Cabeça, onde cada um encontra feliz o sentido secreto de seu ser, e jubilante irradia, livremente desprendido em teu fluir: Espírito Santo — Júbilo eterno! Fonte: https://pt.aleteia.org

Frei Bruno Secondin, O. Carm- In Memoriam- fala em Roma sobre os 800 Anos da Regra de Santo Alberto de Jerusalém. O encontro aconteceu no mês de setembro-2014.

RETIRO DO PAPA FRANCISCO: Reflexões do Pregador, Frei Bruno Secondin, Carmelita.

No vídeo, o Frei Bruno Secondin, O. Carm, fala sobre a Lectio Divina no Retiro da Província Carmelitana de Santo Elias. (Julho-2017)

 

Neste segundo dia de Retiro Espiritual, o pregador carmelita, Padre Bruno Secondin, propôs uma reflexão bíblica, baseada na leitura pastoral do profeta Elias, que teve como tema: “Servidores e profetas do Deus vivo”.

Na sua introdução, o pregador recomendou a “sair da própria aldeia” e a frequentar a “escola da misericórdia” como o profeta Elias. Praticamente uma continuação do tema que refletiu, ontem, sob o exemplo do profeta, ou seja, viver uma “vida de periferia”.

O acontecimento de Elias, narrado no livro dos Reis (17, 1-17), sugeriu ao Padre carmelita um sério exame de consciência pessoal, com base na “Palavra de Deus”, que busca levar o discípulo do Senhor a imergir nesta grande fonte de riqueza.

Padre Secondin explicou que suas meditações não pretendem seguir uma ordem cronológica, mas os grandes cenários da Escritura, propondo uma “leitura pastoral e sapiencial” das vicissitudes de Elias. Este é um profeta que caminha e não se detém em um lugar fixo; é um homem em contínuo movimento, um ótimo companheiro de viagem, que passa por tantas experiências de purificação pessoal.

Com efeito, ele se põe a caminho rumo a muitos centros de poder, mas, sobretudo, às “periferias e as fronteiras geográficas existenciais”, colocando-nos diante de tantos problemas, até os mais interiores. Aqui, o pregador coloca em realce a “fragilidade e a vulnerabilidade” de Elias.

Para compreende melhor a missão do profeta é preciso inseri-lo no seu contexto histórico. Ele era originário de uma região periférica, de pouco bem-estar e religiosidade tradicional. Desta forma, ele tem uma reação diante de uma nova realidade de “depravação religiosa e social”: comercial, militar e agrícola, que produziam bem-estar, a ponto de causar vertigem. Aqui, pode-se acrescentar a presença de novos deuses, que causavam transtorno na vida do povo.

Neste estado de confusão moral, de depravação e de perda de identidade, o verdadeiro Deus era considerado bom apenas pelas pessoas ignorantes. Por isso, Elias reage duramente e as ameaça, por conta própria e não por ordem de Deus.

Nestas alturas, Deus faz ouvir a sua voz e pede a Elias para ir embora, ou seja, devia “ouvir, obedecer e deixar que Deus fosse seu Deus”. Deus pediu-lhe para “tomar distância, ir contracorrente, viver em solidão”, afim de “purificar-se, reencontrar as próprias raízes e a razão da sua fidelidade”. O próprio encontro do profeta com a viúva de Sarepta nos recorda que também os “pobres nos evangelizam”.

Logo, o objetivo das vicissitudes de Elias era fazer do amor de Deus o centro da sua existência, confiar em Deus. Desta maneira, Deus pede ao profeta certo desapego dos seus planos pessoais, para aprender a obedecer e a ouvir a Deus, deixando-o atuar livremente.

Ao término da sua meditação, o pregador carmelita convidou os presentes a um sério exame de consciência, com base no comportamento de Elias: será que, algumas vezes, perdi a paciência? Falei claro ou atrás dos bastidores, murmurando e alimentando conversas fiadas? Comporto-me com sobriedade sã e serena? Deixo-me arrastar pelo meu consumo desenfreado na vida, pelas coisas que me circundam, pelo modo de me vestir?

O pregador acrescentou ainda: mantenho a alegria e o frescor pelo meu primeiro amor ou desanimei? Mantenho uma vida de periferia ou gosto de estar ao centro da atenção e das honras? Tenho confiança na Providência ou sou fanático em programar tudo e a esperar os resultados?

 

Enfim, entre tais idolatrias, o pregador do Retiro chamou a atenção dos presentes para não cair na tentação de querer misturar tudo, criando uma religiosidade “confusa e sincretista”. (MT) Fonte: http://br.radiovaticana.va

Por volta das 00: 35 (de hoje, horário da Itália ) Frei Bruno Secondin, O. Carm (Foto) nos deixou depois de uma parada cardíaca. Ele retornou à casa do Pai Celestial. Uma oração por ele.

NOTA: Em 2015, de 22 a 27 de fevereiro, ele pregou o retiro espiritual para o Papa e os membros da Cúria Romana, com o tema: “SERVIDORES E PROFETAS DO DEUS VIVO”.

No vídeo, Frei Bruno Secondin, O. Carm, fala sobre a Lectio Divina no Retiro da Província Carmelitana de Santo Elias. (Julho-2017)

*Frei Dom Vital Wilderink, O. Carm. In Memoriam.

 

A pergunta é:  o que nos faz homens contemplativos?  São seres humanos que fazem entrar a realidade toda. É o caminho do amor, o caminho do sofrimento e também o caminho da oração. As experiências de amor e sofrimento são  por excelência as experiências pelas quais as pessoas podem transformar-se. O caminho da oração é neste processo de transformação de significado essencial. É que a oração é uma atitude de vida em que a pessoa com sinceridade e consistência, reconhece passo por passo, sua pequenez, vulnerabilidade, negatividade e falhas e as leva para Deus. Mas sem amor e sofrimento a nossa oração não será mais do que “recitar orações”. Neste ponto  João da Cruz e Teresa de Ávila são nossos grandes mestres. 

O que é então o fim último dessa maneira de viver que procura superar uma atitude dualística e fazer entrar a realidade na sua unidade? Deus veio realmente morar entre nós. Ele está realmente presente entre nós em Jesus e em seu Espírito Santo. A realidade toda traduz sua presença. Crer nele não é ‘uma verdade ou um fato’ que  aceitamos como verdadeiros,  mas faz entrar a realidade toda. No nosso crer não se trata daquilo que vemos, mas ‘como vemos’.

Contemporâneos de Inácio de Loyola diziam dele que era contemplativo na ação. É melhor dizer: contemplativo na relação. É preciso situar a contemplação no seio da própria relação inter-humana. Isto é algo muito específico do cristianismo. Faria até uma distinção entre contemplação cristã e contemplação religiosa. Existe uma contemplação no nível de uma religiosidade geral do ser humano. Muitas vezes, mesmo nos nossos meios cristãos se percebe que contemplação é vista no nível da religiosidade geral do homem. Aquilo que é especificamente cristão não significa de modo nenhum que seja menos humano. Até podemos dizer que a contemplação cristã é o que há de mais humano, profundamente humano, e por isto perceptível mesmo fora do cristianismo.  Dietrich Bonhoeffer repetia nas suas cartas escritas na prisão: “o Deus que se revela em Jesus Cristo põe ao avesso  tudo o que o homem ‘religioso’ esperaria de Deus”.

a) Muitos teólogos modernos repetiram que Jesus falou muito pouco de Deus e muito do Reino de Deus; que não falou de ‘buscar primeiro a Deus’ mas ‘de buscar primeiro o Reino de Deus e a sua justiça’, ou preparar-se para entrar no Reino de Deus.

b) Jesus não dá aulas de teologia nem de espiritualidade, não revela atributos do ser de Deus. A invocação Abbá não revela um atributo divino mas um modo de relacionar-se com Deus. Jesus simplesmente anuncia o amor incrível de Deus aos homens. Por isto Jesus rejubila quando vè que os pequenos compreendem melhor os mistérios de Deus que os poderosos da terra.

c) Muitas parábolas e comparações de Jesus manifestam o amor que ele tinha à natureza, ás sementes, ao cuidado dado à vinha, às videiras. Mas colocando-nos em contato com Deus, Jesus não nos convida a agradecer ou a ficar absorvidos pelo mistério do universo (embora possamos supor isto também). A oração que ele ensina é um pedido da chegada do Reino de Deus que é a vitória do plenamente humano: sustento suficiente para todos e reconciliação entre as pessoas, a justiça e a paz, em uma palavra.

Santo Agostinho tinha aquela sensibilidade em admirar a beleza da natureza, mas na hora de buscar ali a Deus, sentia como uma voz que lhe dizia: ‘Interroguei o mar, os abismos e os seres vivos, e todos me responderam: ‘Não somos o teu Deus; busca-o acima de nós’ (Confissões, Livro X, 9). A beleza natural pode sugerir Deus, a história manifesta a vontade de Deus. E a história é o tecido de todas as nossas relações humanas.  E este ensinamento de Jesus recebe uma explicitação  esplêndida  na sua ressurreição, recapitulativa de todo o universo (‘garantia da nossa herança, até o resgate completo e definitivo, para louvor da sua glória ‘ Ef 1,14).

d) O amor de Deus fez-se visível em Jesus Cristo. A partir desta relação as relações humanas se tornam transformadas, ‘cristificadas’, divinizadas. E esta transformação deve afetar necessariamente nossa maneira de enfocá-las. A gente vê: ser contemplativo na relação, gera a inteligência do mistério de Cristo (Ef 3,4).

e) Por estas razões nas primeiras comunidades dos cristãos havia as expressões ‘em Cristo’ e ‘no Senhor’ que serviam para caracterizar todas as relações humanas (parentesco, família, escravidão...) inserindo-as numa espécie de atmosfera nova que as transforma. É esse viver ou estar ‘em Cristo’ que fundamenta uma contemplação nas relações humanas.

f) No fim da sua vida os fiéis pediam a João evangelista que explicasse as coisas de Jesus; eles se contentava em repetir: ‘Amai-vos uns aos outros’. Era o que ele sempre repetia. Para responder à curiosidade dos cristãos que queriam que ele explicasse mais, João respondia: ‘é que nisto está tudo, e isso basta’. De fato está aí a fé-esperança-caridade; está aí Cristo, a Igreja e o melhor do homem.

 

Consequências

Todos esses dados marcam uma diferença no modo de conceber a vivência da fé (ou a relação com Deus) a partir de uma religiosidade geral ou a partir do cristianismo que segue a Jesus porque crê nele  como revelação de Deus.  O que leva a uma consequência: uma diferença fundamental entre o cristianismo e a idéia genérica de religião, na concepção da dimensão orante e a contemplação cristã.

O caminho do cristianismo é mais difícil que o caminho da religiosidade geral. Para esta a relação com as pessoas podem ficar excluídas da relação com Deus.  No cristianismo, porém,  a relação com as pessoas e o amor fraterno no podem ficar fora da oração e da contemplação cristãs.

Que hoje em dia muitos se afastam do cristianismo para ficar mais no nível duma religiosidade geral, explica porque julgam o cristianismo muito reducionista: na formulação das verdades da fé, na moral, na legislação... Não é superficial a suspeita de que a qualificação de reducionista endereçada ao cristianismo seja uma desculpa interessada em para não  abrir-se para Deus através daquilo que Jesus chamava ‘a porta estreita’; ou então não chegou a captar  a profunda transformação teologal das relações humanas dentro do cristianismo como descrevemos na parte anterior.

Essa ‘transformação cristã’ deve atingir a nossa maneira de enfocar as relações humanas, precisamente porque é uma revelação que choca com a mais elementar das nossas experiências: a grande dificuldade e a árdua tarefa que  as relações humanas muitas vezes provocam. Quando João da Cruz voltando para Castilha, depois de ter trabalhado no campo numa colheita de grão de bico, comentou: ‘é mais lindo manejar estas criaturas mortas  que ser manejado pelas criaturas vivas’ (Provavelmente há uma alusão a Nicolau. Doria e seus partidários). Podemos dizer que hoje talvez vivemos uma época histórica de uma deterioração das relações humanas e de constantes desavenças em todos os campos: crescem os racismos e os nacionalismos excludentes, as diferenças de classes sociais, as culturas que preferem entrar em choque ao invés de encontrar-se, fracassam os casais e aumenta a violência do gênero, os partidos políticos que preferem considerar-se como totalidades e não como ‘partidos’. Existe também um certo autismo cultural que nos faz considerar os demais como meras objetos ou estímulos, não como sujeitos de dignidade absoluta.

Crentes ou não-crentes, todos deveríamos fazer um esforço para engraxar as junturas da nossa convivência, se não quisermos deslizar numa situação problemática   que poderia terminar numa catástrofe sem precedentes.

*Dom Frei Vital Wilderink, O Carm- Eremita Carmelita e 1º Bispo de Itaguaí/RJ - foi vítima de um acidente de automóvel quando retornava para o Eremitério, “Fonte de Elias”, no alto do Rio das Pedras, nas montanhas de Lídice, distrito do município de Rio Claro, no estado do Rio de Janeiro. O acidente ocorreu no dia 11 de junho de 2014. O sepultamento foi na cidade de Itaguaí/RJ, no dia 12, na Catedral de São Francisco Xavier, Diocese esta onde ele foi o primeiro Bispo.

*Frei Dom Vital Wilderink, O. Carm. In Memoriam.

 

Você não pode aprender encontrar-se com Deus, você O encontra quando O encontra. Não existem técnicas nem rituais para trazer Deus. Deus, ele mesmo escolhe sua presença com total liberdade. “Eu sou aquele que sou ... ’Eu sou’ envia-me a vós” (Ex 3, 14). Este dado questiona determinadas práticas devocionais: você não pode obrigar Deus por meio de formas eu você mesmo escolheu. Deus não pode ser manipulado.

A relação face-a-face com Deus é absolutamente livre.  O valor de muitas técnicas que hoje em dia são importadas do Oriente só pode ser avaliado de acordo com a medida do respeito e da liberdade com que se aproximam de Deus e dos homens.

Miguel de Santo Agostinho conta que fica às vezes impressionado pela facilidade com que carmelitas adotam toda sorte de devoções. ‘Será que estas são realmente necessárias para um relacionamento real com Deus?  Aprofunde a nossa própria tradição e avalie a partir dela o que tem e não tem valor.

*Dom Frei Vital Wilderink, O Carm- Eremita Carmelita e 1º Bispo de Itaguái/RJ - foi vítima de um acidente de automóvel quando retornava para o Eremitério, “Fonte de Elias”, no alto do Rio das Pedras, nas montanhas de Lídice, distrito do município de Rio Claro, no estado do Rio de Janeiro. O acidente ocorreu no dia 11 de junho de 2014. O sepultamento foi na cidade de Itaguaí/RJ, no dia 12, na Catedral de São Francisco Xavier, Diocese esta onde ele foi o primeiro Bispo.

CAPÍTULO GERAL EM SETEMBRO. Nesta segunda, o Paulo Daher, coordenador da Comissão Provincial para Ordem Terceira do Carmo, foi escolhido pelo Conselho Geral da Ordem do Carmo para representar os leigos e Ordem Terceira do Carmo. Apenas 4 leigos foram convidados para o Capítulo Geral. O capítulo acontece em setembro em Sassone, Roma. Um de cada zona geográfica da Ordem. Parabéns ao Daher e a Província!

 

Viver em obséquio de Jesus Cristo.

Frei Bruno Secondin  O.Carm.

No Carmelo sempre estivemos convencidos da centralidade do seguimento do Senhor pela nossa vida. E com os novos comentários da Regra a cristologia tem sido melhor entendida e interpretada. E o cristocentrismo foi interpretado de maneira nova e mais inspiradora em comparação com a primeira. Sobretudo o sentido da frase inicial: “Viver em obséquio de Jesus Cristo e servi-lo fielmente de coração puro e consciência reta” (R 2) foi melhor precisado. É a chamada à norma suprema irrenunciável, que deve tudo guiar e filtrar. As várias prescrições da Regra  são a  aplicação prática e séria do seguimento.

Seguir e não imitar: temos prestado pouca atenção a este aspecto. E no entanto é importante, no contexto da nossa Regra. Naquele momento era intensa a religiosidade da imitação, da lembrança literal e biográfica. Pensemos no que fez São Francisco e na religiosidade popular do 1200. O Carmelo, ao invés, quis penetrar  dinamicamente na identidade e sabedoria do Mestre. Trata-se de um encontro na fé e no amor, na contemplação e na partilha mútua da mesma causa e da mesma meta. Seguimento exige adesão interior, empenho aberto, adaptação e criatividade, diversificação, etc.

- Uma comunidade de discípulos irmãos é a primeira conseqüência: não uma comunidade para fazer alguma coisa, ligada a uma obra a fazer funcionar. Mas um discipulado que se vive em várias modalidades, seguindo o Mestre, e cadenciando o tempo de acordo com o grande mistério da salvação. Veja-se o ritmo da ascese e o do combate: estão ligados à Páscoa e às exigências do Batismo (Páscoa pessoal).

- Viver em Cristo: encontramos algumas vezes esta expressão (R 1; 18; 20). Não se trata de uma indicação genérica, mas de um valor intenso. Isto quer dizer habitar na Palavra para ser impregnados e habitados pela Palavra (R 10; 19; 22) em todas as situações da vida. E, de fato, a Regra é como uma grande lectio divina, que traduz em decisões práticas, coerentes, toda a sabedoria da Palavra.

- Viver na presença sacramental de Cristo: sobretudo na celebração da Missa se mostra-se isto central e fonte de um dinamismo transformador, excepcional. Para lá devem, cada dia vir juntos (con-venire debeatis) e de lá apreender forma e estilo nos relacionamentos mútuos. Mas podemos reconhecer que há ainda outros sinais “sacramentais”, que se ressaltam: antes de tudo os irmãos e a sua participação viva no projeto  (propositum); as autoridades constituídas (o prior, o patriarca, os santos padres...) são mediação e epifania de uma presença de Cristo, que se deve acolher e amar; mas a própria estrutura do lugar é de um certo modo revelação de uma presença a ser amada e respeitada (cf. o templo no centro).

- Esperar a volta do Senhor: é um elemento muito importante na espiritualidade daquele tempo. E por isto havia tantas formas de devoção para salvar a própria alma no momento do juízo final. Na Regra este medo e esta forma de preocupação têm outro registro. Trata-se de uma espera vivida com fidelidade serena, de coração vigilante e transparência em tudo. Mas a espera da chegada definitiva torna-se sobretudo princípio inspirador para não absolutizar as normas e os resultados. Estímulo para uma identidade flexível e até mesmo nômade. “O quotidiano mover-se” até à Capela é sinal antropológico e topográfico de um caminhar rumo ao último encontro, totalmente transfigurados pela Palavra, pela Páscoa e pela fraternidade, pela sobriedade e pela vigilância.

 - Uma  cristologia aberta a novas experiências: justamente a  falta de formas devocionais evidentes (num contexto muito fanático por devoções) e a atenção aos valores vitais da cristologia (Palavra, Páscoa, luta espiritual, serviço, fraternidade, etc.) indicam um caminho cristológico  aberto e personalizado. O Carmelo  que padroniza em algumas imagens a sua cristologia (p.ex. o Menino, o Mestre, flagelado, crucificado, eucarístico, Sagrado Coração) não é conforme à Regra. Quando, ao invés, sabe fazer sintonia da variedade de respostas e de símbolos, de figuras e leituras de Cristo, aí então é fiel ao propositum.

À luz da Palavra. Uma preciosa confirmação desta cristologia no-la oferece o Evangelho de João: estou pensando no momento de se formar o primeiro grupo de discípulos (Jo 1, 35-51). Para completeza seria necessário incluir também as afirmações “cristológicas” do Batista. Normalmente lemos nesta página o processo vocacional: não está aí toda a verdade desta narrativa.

- Múltiplos títulos dados a Jesus: notemos que há uma dezena de títulos diversos dados pelos discípulos para indicar o que encontraram e o que querem comunicar. Começa João Batista por chamá-lo “Cordeiro de Deus”. Depois os dois discípulos o chamam de “Mestre” (Natanael também dirá o mesmo). André fala dele a Simão e o chama de “Messias”. Filipe o descreve como “Aquele sobre quem escreveram Moisés e os  profetas”; e acrescenta dados anagráficos: “Jesus, filho de José de Nazaré”. Natanael , enfim, o admira como “Filho de Deus e Rei de Israel”. Mas até Jesus mesmo se dá um título: “O Filho do homem”. Poderemos ainda acrescentar alguns títulos dados pelo Batista um pouco antes: “Aquele que existia primeiro; o habitado pelo Espírito”, “o que batiza no Espírito” (v. 33s).

- Ser discípulos para João é uma caminhada para a verdade, uma descoberta progressiva, que se torna uma confissão proclamada. Cada um contribui com a sua sensibilidade mais aberta (o Batista e André) ou mais tradicional (Natanael e Filipe). Não se trata de afirmações teóricas, de palavras já confeccionadas,  que se repetem. Trata-se de uma convicção amadurecida por dentro, conservando e refletindo, interpretando. A fé que anima a comunidade nutre-se e se consolida com o caminho de fé de cada um.

- Fruto dos microprocessos pessoais de reflexão e discernimento, de assombro e dúvida é a nova comunidade. Quem encontrou alguma coisa que o “tocou” por dentro comunica-o de maneira pessoal e convicta. A primeira carta de João também ainda recorda este processo de verificação e de comunicação (cf. 1Jo 1,1-4)

- Na Regra podemos também ver que não se impõem títulos que vinculam, quanto, de preferência, horizontes em cuja direção perscrutar. Depois cada um, conforme os carismas, encontra as suas preferências de imagens e de destaques. Prova disto são os nossos grandes Santos com a variedade de linguagem cristológica. É um modelo aberto, que nós também devemos assumir em vista de uma resposta pessoal e não repetitiva.

- Na formação justamente é necessário oferecer aos jovens a possibilidade de um encontro direto e pessoal, de uma resposta pessoal e original, não puramente repetitiva ou devocional.  E cada um deve tornar-se mediação para o outro, seja com as palavras, seja com os gestos,  para um aprofundamento e um encontro direto e iluminador (pensemos em Cefas-Pedro e em Natanael).

- Até  mesmo os próprios votos devem ser lidos e apresentados como um seguimento de Cristo pobre, casto, obediente, mas também orante e missionário. Então não haverá setores para controlar com escrúpulo, com medo de pecar. Mas serão modalidades de seguimento e de adesão conformadora, como diz a VC: “A vida consagrada constitui memória viva do modo de existir e de agir de Jesus como Verbo Encarnado diante do Pai  e diante dos irmãos” (VC 22). Aí está em jogo a diferença entre um comportar-se como “religioso” e uma maturidade de “crente”: dentro deve amadurecer a “confissão” de fé.

REFLEXÃO PESSOAL OU EM GRUPO:

1-Conseguimos reconhecer este tipo de cristologia na Regra?

2- Sabemos formar para uma adesão profunda e conformadora no seguimento, ou preferimos antes formas devocionais e práticas de piedade?

AO VIVO- 260 ANOS. Santa Missa na Catedral de Santo Antônio em Diamantina-MG, em Ação de Graças aos 260 Anos da Venerável Ordem Terceira do Carmo. Domingo, 26 de maio-2019. 

Na manhã desta segunda-feira, 27 de maio, o arcebispo metropolitano de Maceió recebeu alta médica, no Hospital Santa Casa de Misericórdia, e passa bem.

Em mensagem enviada para os fiéis, o metropolita disse: “Meus irmãos e irmãs está tudo tranquilo! Estamos caminhando para a renovação total. O coração novo, com exames em dia e saúde bem cuidada”, o arcebispo enfatizou que há muito trabalho a ser feito com a graça de Deus e que em breve estará de volta às atividades pastorais normais.

Dom Antônio Muniz ficará, em sua residência episcopal, de repouso durante 15 dias. Mas, passa muito bem e durante o tempo que esteve internado presidiu a Eucaristia diariamente.

O arcebispo estava internado desde a quinta-feira, 23, para realizar exames médicos e ao ser constatado um problema a equipe médica, liderada por Dr. José Wanderley Neto decidiu realizar, de imediato, um procedimento cirúrgico chamado “cateterismo”. Fonte: www.centenarioarqmaceio.com.br

Homilia do Frei Evaldo Xavier, O. Carm, Superior Provincial dos Carmelitas- Província Carmelitana de Santo Elias- na celebração dos 260 Anos da Venerável Ordem Terceira do Carmo de Diamantina-MG. 25 de maio-2019.

No olhar do dia desta quinta-feira 23, vamos conhecer o trabalho social da Igreja de Nossa Senhora do Carmo da Lapa do Desterro, Rio de Janeiro. 23 de maio-2019

No dia de Santa Rita de Cássia, Santa Missa com Frei Petrônio de Miranda, O. Carm, direto da Igreja Nossa Senhora do Carmo da Lapa do Desterro- Igreja do Carmo, Rio de Janeiro. Divulgação:  www.instagram.com/freipetroniowww.twitter.com/freipetronio

Encontro das colaboradoras- Trabalhos Sociais- da Província Carmelitana de Santo Elias- Carmelitas, reunidas no Rio de Janeiro. De 21-23 de maio-2019.